La crescita di episodi di ansia e stress a scuola, per gli adolescenti, è oggi un tema di grande attualità. Uno studio condotto da Unicef e Unisona Live, su un campione di oltre 25.500 ragazzi e ragazze evidenzia una situazione senz’altro degna di attenzione: il 44% del campione intervistato ha dichiarato di sentirsi “inadeguato e insicuro”, a causa del confronto con i compagni. Per il 17% (del 44%) è anche causa di difficoltà di apprendimento. Il principale responsabile sembra essere l’ipercompetizione.
Questo scenario, sempre più diffuso, pone i genitori dinanzi a una sfida molto importante: come affrontare e supportare le emozioni dei propri figli? La risposta richiede una genitorialità consapevole, capace di accogliere e comprendere le emozioni dei ragazzi in modo empatico ed efficace.
Intervista alla Dott.ssa Anna Parma
Abbiamo affrontato il tema del benessere psicosociale degli adolescenti, in particolare nel contesto scolastico, con la Dott.ssa Anna Parma, Neuropsicologa del Poliambulatorio Modoetia di Monza. Nell’intervista che segue abbiamo approfondito i principali segnali che rivelano un disagio emotivo nei ragazzi, le possibili strategie che possono aiutare i genitori a diventare sempre più attenti e presenti nella vita emotiva dei propri figli, e i percorsi che possono supportare i giovani nel gestire le proprie emozioni negative e nel superare i momenti di difficoltà.
Quali strategie pratiche possono adottare i genitori per aiutare i propri figli adolescenti?
“L’adolescenza è un delicato periodo di transizione tra l’infanzia e l’età adulta che racchiude in sé grandi mutamenti, sia fisici che psicologici. Questo porta molto spesso a un grande disorientamento. Il requisito fondamentale per affrontare le sfide emotive che ne conseguono è la capacità di saper ascoltare in modo attento e non giudicante i pensieri e le preoccupazioni dei propri figli. È altresì fondamentale saper comunicare in maniera assertiva ed empatica.
I genitori potrebbero dunque, cercare di creare dei momenti di condivisione e ascolto, affinché ogni membro della famiglia possa esprimere le proprie preoccupazioni e i propri sentimenti in modo aperto e libero. La validazione delle emozioni infatti, passa attraverso l’accoglienza delle stesse e il tentativo di normalizzare anche quelle emozioni percepite come negative e quei sentimenti di frustrazione che possono emerge dinanzi a situazioni percepite come stressanti. I genitori costituiscono dei modelli di comportamento per i figli, per cui è importante che siano in grado di mostrare al ragazzo come affrontare le difficoltà in modo costruttivo, gestendo lo stress in maniera funzionale, anche passando attraverso l’espressione delle emozioni e la condivisione senza timore del giudizio. Inoltre è essenziale imparare a conoscere il proprio figlio, sapendone rispettare i tempi e le caratteristiche individuali, senza fare paragoni (magari tra fratelli) e senza giudizio, sostenendo gli sforzi del ragazzo e celebrando i progressi, anche quelli più piccoli, per aumentare fiducia e motivazione”.
Quali sono i segnali che riportano ad un disagio emotivo a cui i genitori devono fare attenzione?
“I segnali che si presentano più frequentemente sono associati a manifestazioni somatiche come mal di testa, mal di pancia e tensione muscolare, oppure difficoltà ad addormentarsi, pianto, irrequietezza, irritabilità e crisi di panico. Comunemente, per sfuggire a queste sensazioni percepite come negative e disturbanti, i ragazzi mettono in pratica l’evitamento, allontanandosi fisicamente dal contesto scolastico, per mettersi in salvo da quegli eventi che li preoccupano e che creano un senso di ansia, frustrazione e fallimento. Generalmente, la richiesta più comune è quella di non andare a scuola o di uscire prima. Spesso tali richieste vengono interpretate come un capriccio o una sorta di ribellione, quando in realtà possono celare un disagio più profondo. Un altro campanello d’allarme potrebbe essere il calo del rendimento scolastico: l’esposizione ad ansia e stress può infatti causare problemi di concentrazione e di apprendimento, problemi di salute fisica e mentale, problemi sociali con conseguente isolamento o solitudine. Tutti fattori che possono rendere più complicata la vita scolastica e sociale del ragazzo”.
Quali percorsi sono invece indicati per i ragazzi che sperimentano difficoltà di questo tipo?
“In alcuni casi può essere indicato un aiuto esterno: un professionista potrà supportare sia i figli che i genitori, attraverso un percorso finalizzato a superare il momento di difficoltà. In questo contesto verranno forniti gli strumenti adeguati, atti ad individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali, per vivere più serenamente il percorso scolastico e le sfide quotidiane. Ciò detto, è importante ribadire come il primo passo per aiutare il figlio adolescente in difficoltà sia quello di cercare di rendere la famiglia un porto sicuro, dove le preoccupazioni e i sentimenti vengono accolti in modo aperto e libero”.
Qual è la sua visione di tale contesto, rispetto alla vostra esperienza clinica?
“La scuola è un ambiente in cui i ragazzi trascorrono la maggior parte della loro giornata, un contesto che offre conoscenze accademiche, ma anche una cornice per lo sviluppo emotivo e sociale. Purtroppo, non è esente da sfide e difficoltà emotive. È normale che i ragazzi possano sperimentare emozioni come ansia, tristezza, rabbia, frustrazione e inadeguatezza, ma anche aumento della competitività e paura del fallimento. Tutto questo può generare disagio, sintomatologia ansiosa, attacchi di panico, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione, senso di inefficacia e abbassamento dell’autostima. È importante ricordare che questi sentimenti, così come i fallimenti, fanno parte del percorso di crescita ed è quindi bene aiutare i ragazzi a vedere questi insuccessi come opportunità di apprendimento che li aiuteranno a sviluppare una mente resiliente. Aiutarli a capire come tollerare la frustrazione, incoraggiarli a trovare soluzioni alternative alle situazioni negative, può essere un prezioso insegnamento. Allo stesso tempo, è fondamentale non sottovalutare la portata e l’entità del disagio che l’adolescente si ritrova a vivere.
Spesso infatti, ho potuto constatare che gran parte dei ragazzi che intraprendono un percorso di supporto psicologico non hanno solo bisogno di essere ascoltati, ma anche di essere validati nelle loro emozioni e sentire che il loro disagio viene accolto e preso in carico, dandogli un nome. Per questo motivo è bene impostare un percorso terapeutico che parta dalla fase psico-educazionale, in cui vengono spiegati al ragazzo i meccanismi con cui si instaurano determinati stati emotivi, passando poi alla fase pratica in cui si forniscono gli strumenti pratici atti al riconoscimento e alla gestione delle emozioni sperimentate come negative”.
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